Lo studio e la paura del deserto

Corriere del Ticino: opinione di Guido Tognola, 23.02.2021

Correva l’anno 2018, più precisamente, il mese di novembre del 2018, quando EspaceSuisse, incaricata dal nostro Municipio, riportava perentoriamente nel suo rapporto «Analisi urbana di Lugano»: «Un rischio di indebolimento del centro urbano potrebbe derivare anche dall’attuazione del Nuovo Quartiere Cornaredo (NQC) in considerazione del fatto che vi si prevede un potenziale insediativo di quasi 6.000 posti di lavoro e oltre 2.000 abitanti.

È da vegliare che questi posti di lavoro siano determinati dall’insediamento di nuove attività che altrimenti non troverebbero posto in centro e che non vi sia un trasferimento dal centro al NQC, soprattutto di servizi, pubblici e privati, rivolti al pubblico e che quindi hanno un indotto in termini di richiamo di utenza».

Correva l’anno 2018. La pandemia era lontana. La parola «telelavoro» ci richiamava a tristi, centralini, siti chissà dove, mal pagati e di scarsa efficienza; «homeworking» ai più era un termine sconosciuto. Le avvisaglie c’erano state: la SARS, la Suina, per citarne alcune, ma non ci avevamo prestato attenzione più di quel tanto. Erano cose lontane.

Oggi, purtroppo conosciamo il significato non solo di «pandemia», «telelavoro» o «homeworking», bensì termini oscuri quali «lockdown», «scuola a distanza» e quant’altro. Da ogni parte del mondo, settore d’attività, economico, scientifico, una sola voce: qualcosa è cambiato, inesorabilmente cambiato, soprattutto di come vivremo e come approcceremo il mondo del lavoro in questa nuova, futura, realtà.

Ed ecco che quelle parole di EspaceSuisse pesano come macigni su quella realtà futura che vuole l’amministrazione concentrata in quelle torri del PSE, desertificando ulteriormente un centro che dovrà, di per sé stesso, fare i conti con una presenza lavorativa sicuramente, come abbiamo visto, diversa, sicuramente inferiore nei numeri, non fosse che «homeworking» e «smartworking» prenderanno sempre più piede.

La storia sicuramente giudicherà, come ha giudicato la scelta poco visionaria di una politica che voleva solo Finanza, che vedeva nel Mizar l’asse principale di sviluppo della città, o che fra poco ci vedrà con un ospedale cantonale non certo in quel di Lugano.

Ma oggi, a fronte di una crisi post-pandemica che possiamo solo minimamente ipotizzare, siamo proprio sicuri di volere fare già domani i conti con una storia che poco lascia d’imprevedibile?

Soprattutto persistendo in questa «strana» abitudine di incaricare studi esterni, che il contribuente paga, per poi lasciarli lettera morta anche a costo di fiaschi e schianti che peseranno ineluttabilmente sulle generazioni future?

Presidente Sezione PLR Lugano