L'omofobia non è un'opinione

Ragazze che amano ragazze. Ragazzi che amano ragazzi. Ragazze e ragazzi che si amano. Che bello, è il primo pensiero. Tuttavia la violenza contro lesbiche, gay e bisessuali è purtroppo ancora molto diffusa, e prima è sempre preceduta da parole cariche di odio, diffamazioni o discriminazioni. Ciò si riflette – nella nostra Svizzera – in un rischio di suicidio da tre a cinque volte superiore a quello degli eterosessuali, senza che ne abbiano alcuna colpa.

La nostra legislazione attuale non protegge le persone Lgbtiq (lesbiche, gay, bisessuali, transgender, intersessuali e queer) come comunità. Modificando l’articolo 261bis del Codice penale si vogliono ora punire anche le discriminazioni basate sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere, oltre a quelle già contemplate riferite all’appartenenza razziale, etnica e religiosa. Sembra inconcepibile, ma le peggiori affermazioni e discriminazioni verbali oggi non sono perseguibili penalmente. Il nuovo testo di legge va quindi a colmare una grande lacuna che non possiamo più accettare.

Chi già si era battuto contro l’unione domestica registrata di coppie omosessuali ha lanciato con successo referendum, lamentando una restrizione della libertà d’espressione. Si tratta, e non è un caso, della medesima “scusa” usata 25 anni fa per opporsi all’introduzione della norma penale contro il razzismo, proprio quella che oggi si vuole completare. L’applicazione di quella norma è stata ragionevole e dimostra che quei timori così come quelli odierni sono del tutto privi di fondamento.

Odio e discriminazioni contro le persone Lgbtiq non sono accettabili e vanno puniti: approviamo con un Sì la modifica del Codice penale e facciamo della società in cui viviamo un posto migliore.

Fabio Käppeli, granconsigliere PLRT, LaRegione, 31 gennaio 2020